Informazioni personali

La mia foto
Castegnato, Brescia, Italy
Da qualche parte ho letto che chi va in montagna è sempre in cerca di qualcosa … non so se è una regola valida per tutti gli alpinisti, sicuramente lo è per me. Sono Massimiliano Bocchio, nato il 29 maggio del 1980, cresciuto a Calcinato e dal luglio 2012 residente a Castegnato. Mi sono diplomato come geometra nel 1999 al Tartaglia di Brescia, con il massimo dei voti, e ho studiato architettura al Politecnico di Milano, fermandomi a pochi esami dalla Laurea. Ho lavorato in alcuni studi tecnici come geometra e progettista d’interni, ho fatto l’agente di commercio per due anni e ora, dall’ottobre 2010, sono responsabile dell’ufficio tecnico presso un azienda di bagni prefabbricati. Oltre al mio lavoro diurno, c’è dal 1999, un lavoro notturno come dj che amo e che mi permette di coltivare una delle mie passioni ossia la musica. Amo la montagna,l'alpinismo è diventanto parte inscindibile della mia vita. Questo blog nasce dalla voglia di mettere in ordine pensieri, esperienze e sogni.

venerdì 10 febbraio 2012

Le mie scalate nella Alpi e nel Caucaso. Albert Frederick Mummery

“by fair means” per  Mummery l’unica strada per il vero alpinismo era questa .
“Solo mezzi leali” per affrontare la montagna è un concetto tanto dibattuto sui forum, sulle riviste e anche sui libri d’alpinismo. 
Praticamente da quando leggo di alpinismo torna sempre questo concetto, chi lo porta come valore proprio, chi lo interpreta, chi ne mostra i limiti (?) e chi semplicemente se ne frega .
La scorsa estate ho deciso di prendermi il libro di Mummery per capire cosa voleva dire davvero lui con quelle parole.
L’ho letto a periodi, fra altri libri che avevo in programma di leggere, seguendo un po’ il percorso che fa nella sua narrazione, ogni capitolo un’ascensione (che bello il termine ascensione, da una sfera giustamente mistica a quello che faceva).
Ammetto che il mio atteggiamento iniziale quando ho presto questo libro, era un po’ del tipo “non posso non averlo letto” è un po’ come per Aria sottile…l’hanno letto tutti… devo leggerlo anch’io (ad oggi non l’ho ancora nemmeno acquistato).
Stupidamente pensavo di trovarmi di fronte ad un alpinismo troppo distante da quello “moderno” , ma come dice Caparezza in un suo pezzo “i pregiudizio ti sballa più degli acidi che assumi”.
Cosi come Tazio Nuvolari non è molto distante da Senna, Mummery non è cosi distante da noi; i sistemi di sicurezza, le tecniche di progressione e i materiali sono molto diversi…ma l’emozione di vivere una montagna, di cercare una via, di arrivare in quel punto in cui non è più possibile salire e l’orizzonte si apre a 360°, il sentirsi cosi piccola cosa di fronte all’immensità della natura…queste cose non cambiano.
Mummery fa un po’ il percorso che molti di noi hanno fatto, si è avvicinato alla montagna con amici e poi con dei professionisti,  per poi capire che le era sufficientemente maturo per muoversi in autonomia.
Lui ha smesso di utilizzare le guide alpine nelle sue ascensioni quando però era ritenuto folle farlo (stiamo parlando della fine del ‘800), ha aperto una strada, ha lanciato un messaggio chiaro: la montagna non è una città da visitare attaccati ad una guida turistica, è una città da visitare con il massimo rispetto e umiltà per scoprirla nel suo animo, con una cartina fra le mani che forse non si comprende fino in fondo, con angoli che magari non ci si  aspetta ma con le gambe ben allenate e scarpe comode ai piedi.
Anche nel suo libro si percepisce l’aumento di volume nelle emozioni che vive salendo in autonomia, la via non è più quella addomestica da una guida, ma quella scelta in autonomia sommando istinto, esperienza e inserendo le variabili meteo & fortuna.
Il suo curriculum è ancora invidiabile, le sue prime ascensioni sono davvero impressionanti, descritte con un humor inglese colto, sottile, piacevole.
Mi ha molto colpito anche  l’attualità delle sue parole.
Mummery usa mezzi leali per affrontare la montagna…sa benissimo che con mezzi “non leali” quasi tutto è possibile e anche che molto probabilmente perde di significato; arrivare in vetta ad una montagna sollevandosi su delle staffe fissate a chiodi piantati con un compressore è alpinismo? Molto probabilmente Mummery avrebbe detto di no…e io la penso come lui. L’altro lato della medaglia è che l’uomo dovrebbe essere libero di esprimersi come meglio crede, cosi come spesso si può cogliere dagli scritti di Messner, anche questo in parte è vero…però partendo dal presupposto che lo montagna è un bene di tutti, trapanarla all’impazzata forse non è proprio “corretto corretto” diciamo.
Non voglio certo fare il moralista o il purista, sono il primo che se trova una sosta a spit in parete pensa “tanta roba” però so anche che se un giorno aprirò delle vie non saranno  di sicuro vie da fare in artificiale.
Il nome di Mummery era già apparso molte volte nelle mie letture perché è stato il primo a “sognare” il Nanga Parbat, una montagna di cui tanto ho letto e sognato attraverso Messner e Buhl.
Mummery è andato a piedi del Nanga Parbat nel 1895…ripeto 1895…una cosa già di per se sconvolgente.
Lo studia e cerca una via di salita, organizza i campi alti e tenta più volte ma il meteo non è con lui.
Decide di desistere … ma mentre fa avviare i compagni verso il ritorno si offre di recuperare da solo il campo più alto, ad oltre 6000 m, per poi raggiungere gli altri membri della spedizione mediante un passaggio in quota. Non si riunii più ai suoi amici.
Nel campo alto c’era il cibo, era molto allenato e perfettamente acclimatato, il tempo era buono, mi piace immaginare che da solo ha tentato di arrivare in vetta.
Forse è un finale troppo “romantico” ma siamo pur sempre nel 1895, il romanticismo è lecito e i sogni sono la benzina dell’alpinismo.

Nessun commento:

Posta un commento