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Castegnato, Brescia, Italy
Da qualche parte ho letto che chi va in montagna è sempre in cerca di qualcosa … non so se è una regola valida per tutti gli alpinisti, sicuramente lo è per me. Sono Massimiliano Bocchio, nato il 29 maggio del 1980, cresciuto a Calcinato e dal luglio 2012 residente a Castegnato. Mi sono diplomato come geometra nel 1999 al Tartaglia di Brescia, con il massimo dei voti, e ho studiato architettura al Politecnico di Milano, fermandomi a pochi esami dalla Laurea. Ho lavorato in alcuni studi tecnici come geometra e progettista d’interni, ho fatto l’agente di commercio per due anni e ora, dall’ottobre 2010, sono responsabile dell’ufficio tecnico presso un azienda di bagni prefabbricati. Oltre al mio lavoro diurno, c’è dal 1999, un lavoro notturno come dj che amo e che mi permette di coltivare una delle mie passioni ossia la musica. Amo la montagna,l'alpinismo è diventanto parte inscindibile della mia vita. Questo blog nasce dalla voglia di mettere in ordine pensieri, esperienze e sogni.

martedì 16 ottobre 2012

16 ottobre 2011

È da molto che volevo prendere carta bianca virtuale e tastiera per mette giù nero su bianco qualche pensiero su di te, ora, dopo un anno esatto che te ne sei andato forse è arrivato il momento.
Da dove partire? Forse dall’ultima volta che ti ho visto.
Era già settembre, il caldo fastidioso dell’estate si era quietato, eravamo a Virle alla corna rossa, io ero su polvere e tu sul 7a di fianco, libera avventura se non ricordo male, come sempre eri molto concentrato e sul passo chiave hai detto guardando in giù “occhio Anello” e sei passato via...via verso l’alto come sempre.
Solo un’altra volta ho avuto il piacere di incrociarti in parete...in Brentino e anche in quel caso il ricordo è vivissimo dentro di me.
Io e il mio socio dell’epoca eravamo alle prese con la seconda o terza doppia di discesa. Tu stavi salendo con un compagno che non era un volto noto e che sembrava più impaurito di me su un 6b all’epoca.
Ci siamo salutati con parole di circostanza, eravamo tutti 4 appesi ad un pianta su una buona cengia e abbiamo aspettato un attimo mentre tu partivi prima di iniziare la nostra discesa.
Di fronte a te c’era una placca che per come la vedevo all’epoca era improponibile, pochissime caccole svasate e qualche buco...con una calma quasi innaturale sei partito, respirando profondamente e passo dopo passo sei salito, con quell’atteggiamento di chi stesse facendo la cosa più naturale del mondo.
La cosa mi impressionò un sacco, non era solo tecnica e esperienza, ma anche e sopratutto una lucidità mentale superiore alla media senza ombra di dubbio.
Solo una volta abbiamo parlato. Al grillo in maddalena, la tua amata maddalena.
Ci siamo fermati per una birra dopo la “sfalesiata” e amici comuni hanno fatto si che la tavolata fosse unica.
Si parlava di roccia, di vie, dell’estate appena trascorsa e di progetti.
Io per non sentirmi piccolo più di quanto già mi sentivo, buttai nella discussione l’unica cosa davvero seria che avevo fatto all’epoca, se pur da secondo e se pur con non pochi problemi.
La Messner al Sas de la Crus.
In un secondo ti sei girato di scatto...mi hai guardato e mi hai chiesto: ”hai fatto la Messner al Sas de la Crus?” e io timidamente ho detto si...ma ho subito specificato che avevo fatto la via “il grande muro” non la più famosa , posta più a sinistra sulla parete e con il famoso passaggio di VIII o qualcosa del genere che nessuno era riuscito a liberare.
Mi hai fatto i complimenti e mi hai parlato un pò della via “principale” anche se non ho mai controllato se l’hai fatta o meno.
Mi avevi parlato...e io ero molto felice.
Ci sono persone che capita d’incontrare nella vita, dalle quali si percepisce “qualcosa”, qualcosa che li rende speciali, unici, diversi.
Quando da piccolo mi chiedevano chi era il mio “mito” rispondevo, e rispondo tutt’ora, che non ne ho...ho una serie di persone che ammiro e in cui vedo molto di me stesso.
Uno dei miei riferimenti come personaggi è Jim Morrison.
Spesso quando ascolto un pezzo dei Doors in macchina, magari per caricarmi un pò dopo una giornata pesante in ufficio, penso “cazzo questo qua è morto a 27 anni e io ho ancora la pelle d’oca ad ascoltare i suoi pezzi”.
Viene natuarale chiedersi cosa di noi resterà al mondo...ma fa anche pensare a quanto intensamente è riuscito a vivere per lasciare un segno cosi forte.
Una sua frase dice che la candela che brucia dai due lati fa molto più luce ma finisce prima.
Nulla di più vero, ma ci sono candele che non bruceranno mai, passeranno tutta la loro esistenza come tristi soprammobili da spolverare, alcune bruciano lentamente per fare compagnia a qualche altare vuoto...e poche...pochissime bruciano “forte”.
Non sò se è una scelta della candela bruciare forte o se semplicemente per lei è l’unico modo di esistere, sò però che quando una candela di questo tipo c’è si vede la differenza di luce e quando non c’è più il buio sembra più buio.
Ho sentito diverse versioni su cosa ti è successo il 16 ottobre sulla Nord del Cervino ma è davvero tutto chiaro solo per te.
Quello che è chiaro qua è che la tua luce c’è ancora, tra chi ti ha amato, tra chi ti ha voluto bene e tra chi come me ti ha ammirato tantissimo.

ciao Beppe.


“In un mese di vita intensa fra le montagne si vivono molti anni. È una occupazione per uomini bramosi di vivere; e vita, noi uomini, ne abbiamo troppo poca”.
Jerzy Kukuczka