Informazioni personali

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Castegnato, Brescia, Italy
Da qualche parte ho letto che chi va in montagna è sempre in cerca di qualcosa … non so se è una regola valida per tutti gli alpinisti, sicuramente lo è per me. Sono Massimiliano Bocchio, nato il 29 maggio del 1980, cresciuto a Calcinato e dal luglio 2012 residente a Castegnato. Mi sono diplomato come geometra nel 1999 al Tartaglia di Brescia, con il massimo dei voti, e ho studiato architettura al Politecnico di Milano, fermandomi a pochi esami dalla Laurea. Ho lavorato in alcuni studi tecnici come geometra e progettista d’interni, ho fatto l’agente di commercio per due anni e ora, dall’ottobre 2010, sono responsabile dell’ufficio tecnico presso un azienda di bagni prefabbricati. Oltre al mio lavoro diurno, c’è dal 1999, un lavoro notturno come dj che amo e che mi permette di coltivare una delle mie passioni ossia la musica. Amo la montagna,l'alpinismo è diventanto parte inscindibile della mia vita. Questo blog nasce dalla voglia di mettere in ordine pensieri, esperienze e sogni.

sabato 25 febbraio 2012

Similaun - Placche zebrate Arco (TN) 25/02/2012

Ultimo sabato di febbraio, già da quasi due settimane c’era un bel progetto in Val Daone da scalare picche&ramponi ma…questo stramaledetto inverno, poco amico dei ghiacciatori, ha deciso di giocare l’ultimo scherzetto facendo schizzare vertiginosamente in su le temperature e rendendo quindi tutto il ghiaccio verticale poco sicuro.
Cosa fare?in fin dei conti la corda e i moschettoni sono già pronti?...scatta il piano B…si ritorna a scalare su roccia!
Visto che comunque siamo a febbraio meglio cercare di arrampicare il più possibile al sole…quindi pensiamo alle Placche Zebrate ad Arco.
Curioso un po’ per la guida del Filippi e trovo Similaun, 400 m circa di dislivello, 430 di sviluppo, grado massimo 6a che però è anche il grado obbligatorio secondo altre relazioni, non molti spit in parete, un po’ di roccia unta per le ripetizioni, sempre numerose alle placche, ma il giudizio globale sembra buono…..
Direi perfetto!è al sole, è abbastanza lunga e essendo un’arrampicata prevalentemente “placcosa” più che passaggi fisici ci aspetta della simpatica aderenza!!! Grgrg…non è il mio punto forte…anzi…ma proprio per questo mi devo applicare! (dalla serie…il ragazzo è intelligente…ma non si applica!!!)
Il socio approva la via…anzi anzi anzi… i soci! Ebbene si…grande ritorno in parete del Macca! Per la precisione non si univa a me a Luca da Mercurio Serpeggiante, maggio 2011 se non ricordo male.
Ritrovo a casa mia alle 6, via veloci verso Arco, colazione al bar delle Placche insolitamente privo di climber, sostituiti non egregiamente da qualche pescatore ( i climber sono più belli dei pescatori diciamolo!).L’avvicinamento è breve e prima delle 8 siamo all’attacco.
Pronti via?direi di si…mi aspetta un bel viaggio da fare…
Quando ti si presenta una persona a volte, da pochi attimi  e da qualche parola è già  possibile percepirne i tratti salienti del carattere…con Similaun è stato cosi…
La via si è presentata subito con un tiro di 5c lunghissimo(almeno 50m ), poco protetto (credo di aver messo  6 rinvii) e con tanta tanta aderenza. Arrivato alla prima sosta ho già caldo e mi devo togliere almeno lo smanicato…ma non sono il solo…anche i soci quando arrivano pensano bene di alleggerirsi.Riparto subito per un tiro facile…la relazioni lo danno 4c, ma è molto utile per “mollare” un attimo dal primo tiro.Il terzo tiro dalla guida del  Filippi viene dato come 5 a  ma da un’altra relazione che abbiamo 5c….mi sa che per l’ennesima volta il Filippi ha cannato! I soci arrivati in sosta confermano la mia teoria del 5c…sosta schifosamente comoda, grandissima…Luca si lamenta perché non hanno messo una panchina…in effetti ci stava!Quarto tiro, ocio a non sbagliare o si va a finire su i giochi di silvia con una simpatica seria di 6b+ e 6c…anche no per oggi dai! Pochi metri in su e pochi metri a destra e la nostra nuova sosta appare.Quinto tiro…mmm…6a spittato lungo! Bene….parto troppo lanciato sulla destra ma non va,il passaggio è da cercare verso sinistra…qualche bel respiro e qualche imprecazione (io? Imprecare? Strano…)e via…ogni tanto mi ritrovo a guardare le mie scarpette spalmate e a benedire la “mescola morbida” delle mie gomme (chissà se è più morbida quella delle mie scarpette o delle  mia moto).
Sesto tiro, sulla carta lo classificano come 5b/5c non banale…che cavolo vuol dire poi? Arrivo in sosta e penso…”mmm questo tiro era un 5c ma non banale davvero”.
Scatto qualche foto, bevo qualcosa e penso che è una bella giornata, sono felice e che non capisco cosa cavolo ha la mia pancia da rompere…
Settimo tiro, roba facile su placca ben appigliata e un po’ unta ma “scivola” via veloce.
Ottavo tiro, placca che costeggia il “quasi” diedro, con un passaggino carino sul finale.
Nono tiro , roba facile, su dritti e poi verso destra e arrivo su una sosta comoda. Uno sguardo molto in su fa intravedere le piante…quindi la fine della parete è vicina…ma visto che si procede “steep to steep” forse è meglio che guardo maledettamente di fronte al mio naso...e mi vedo un bel muretto lavorato con tacchette piccole sparse. Mentre recupero i soci inizio a studiarlo ma non lo vedo ancora chiarissimo...
Arrivati Luca e Macca parto, mi alzo di qualche metro e infilo la mano sinistra in un buco buono ma untissimo (questo tiro e l’ultimo sono in comune con giochi di silvia quindi molto più frequentato)...intenibile...cerco allora nelle tacche e confidando in qualche bidito e pinzate salgo verso sinistra... qualche bel respiro, un pò di streppa e via...il passaggio chiave è fatto...il tiro molla quasi subito e arrivo in sosta, a pochi metri dall’uscita della parete...ma non a sufficienza per arrivarci con i 60 m di corda che ho. Mi godo il paesaggio...è praticamente fatta...
Undicesimo tiro, le famose “facili roccette finali” ma unte unte...ma passo tranquillo lo stesso.
La sosta finale è una bella pianta. Recupero i soci, arriva Luca e poi Macca...stretta di mano di rito e sono felice.
Prima uscita su roccia per il 2012 molto soddisfacente, via sicuramente non “indimenticabile” ma pazienza!
Mi sono goduto una giornata in parete con due amici, in fondo queste giornate sono sempre “il tiro più bello”.










domenica 19 febbraio 2012

La Regina del Lago, Val Daone 11/02/2012

 Molte cascate ghiacciate in estate non hanno una riconoscibilità cosi forte come in inverno, spesso anzi sono solo un rigagnolo d’acqua ben nascosto dalla vegetazione; non è il caso della Regina del Lago, probabilmente una delle cascate più belle e più fotografate della valle.
Non so perché ma non l’avevo mai messa nei miei programmi, poi Luca dopo averla vista qualche volta …
“certo che la Regina…” in effetti si…è maledettamente bella…ma sarà alla nostra portata?
Le relazioni che troviamo in giro sono un po’ discordanti, la vecchia guida della val Daone da il ramo sinistro come 3° e il destro 4°, la guida del Cappellari 4° il ramo sinistro e 5° il destro.
Il ramo sinistro però sulla carta dovrebbe essere alla nostra porta…proviamo?
Di solito la sera prima di un’avventura verticale preparo meticolosamente tutto il materiale, vado a nanna presto, leggo un po’ e cerco di dormire tranquillo. Questa volta i preparativi sono iniziati giovedi sera, una limatina alle picche , ai ramponi e infine una prima scrematura del materiale da mettere nello zaino .
Perché? Forse dentro di me pensavo che questa cascata è un buon banco di prova, una test per capire in maniera pratica a che punto sono con la mia preparazione.
Sabato mattina Luca passa a prendermi presto, vogliamo essere i primi ad attaccarla, e cosi è.
Guardando la Regina dalla strada di accesso, il muro del primo tiro quasi non si vede, è bene nascosto dallo sperone roccioso di sinistra…ma quando iniziamo ad avvinarci subito capiamo che si fa sul serio.
Ci leghiamo, una rapida ricontrollata a tutto e parto.
Cerco di essere il più concentrato possibile, è sicuramente alla mia portata tecnica e fisica…ma come diceva Detassis se non ricordo male…prima si arrampica con la testa. Salgo deciso , poche esitazioni , cerco di muovermi al meglio e dopo una quarantina di metri arrivo alla sosta su roccia.
Sono molto felice, capisco che “ci sono” e non chiedo altro a me stesso. Dopo aver fatto la sosta scatto qualche foto, il panorama  è stupendo, la giornata è fantastica e “respiro” la valle.
Anche Luca arriva in sosta senza esitazione, Bravo! Di sicuro questo è stato il tiro su ghiaccio più duro che io ho fatto da primo e che io e Luca abbiamo fatto insieme.
Riparto, altro muretto verticale  ma molto più corto che va verso destra, spostando la linea di salita leggermente verso il centro del ramo sinistro della cascata, superato il muretto la salita si fa più semplice,cerco di salire il più possibile…per la precisione fino a quando i 60 metri di corda a disposizione finisco.
Faccio sosta su ghiaccio utilizzando tre viti , Melius abundare quam deficere , altro giro di foto, il Sole  si sta facendo spazio alle nubi che ronzavano in valle al nostro arrivo. Recupero Luca e al suo arrivo parto, prima affronto una bella rampa facile e poi arrivo ad una sorta di belvedere  proprio sotto il muretto finale della cascata, sembra quasi di essere su un balcone di qualche albergo che offre al turista lo spettacolo di qualche valle…ma non sono qua dopo aver preso un bell’ascensore, dopo essermi messo in ciabatte per non sporcate la moquette della stanza, sono qua con ramponi ai piedi e picche nelle mani…e sono maledettamente felice. Il muretto finale offro poco ghiaccio ma sufficiente per riuscire a superarlo , trovo alla mia sinistra una bella pianta con un fusto dalla forma molto curiosa e faccio sosta per recuperare Luca.
Una salita su una cascata ghiacciata  finisce nel punto in cui in estate l’acqua che scorre pacifica nella valle si butta verso il basso con tutta la sua forza.  La sensazione è forte, la valle che già in parte conoscevo, si apre davanti a me…ma questa volta non da un banale sentiero,  ma da uno dei suoi punti più spettacolari.
È stata una bellissima avventura, il ghiaccio è sempre più parte del mio mondo …e mi piace.
     La regina vista dalla strada che costeggia il lago


                              il primo tiro

                          la prima sosta "comodissima" 
                   uno sguardo in giù
                      partenza del secondo tiro
                      ultima sosta...su ghiaccio!



                        partenza dell'ultimo tiro
                         uno sguardo in giù

                        un'ultimo sguardo in giù...
                       la pianta per l'ultima sosta

                               io e Luca
                    pò di poesia dalla val daone
                          Luca
     ...corro...verso la prossima avventura!

venerdì 17 febbraio 2012

17_02_2012



Non c’e l’ho fatta davvero oggi a starmene chiuso in macchina e mangiare, non ce l’ho fatta ad andare in palestra come ogni maledetta pausa pranzo… oggi sono dovuto scappare.
Questo acerbo sole di febbraio mi sta facendo compagnia, non so, forse dovrei ringraziarlo, forse si.
Devo ringraziare il calore che mi da, devo ringraziare  il profumo delle foglie sparse sotto i miei piedi, gli uccelli che cantano per chiamare la primavera , devo ringraziare questa panchina di legno imbrunito che oggi mi sembra il trono più comodo da chiedere alla vita.
Siamo piccola cosa nella natura, ma siamo parte di qualcosa di bello.

venerdì 10 febbraio 2012

Le mie scalate nella Alpi e nel Caucaso. Albert Frederick Mummery

“by fair means” per  Mummery l’unica strada per il vero alpinismo era questa .
“Solo mezzi leali” per affrontare la montagna è un concetto tanto dibattuto sui forum, sulle riviste e anche sui libri d’alpinismo. 
Praticamente da quando leggo di alpinismo torna sempre questo concetto, chi lo porta come valore proprio, chi lo interpreta, chi ne mostra i limiti (?) e chi semplicemente se ne frega .
La scorsa estate ho deciso di prendermi il libro di Mummery per capire cosa voleva dire davvero lui con quelle parole.
L’ho letto a periodi, fra altri libri che avevo in programma di leggere, seguendo un po’ il percorso che fa nella sua narrazione, ogni capitolo un’ascensione (che bello il termine ascensione, da una sfera giustamente mistica a quello che faceva).
Ammetto che il mio atteggiamento iniziale quando ho presto questo libro, era un po’ del tipo “non posso non averlo letto” è un po’ come per Aria sottile…l’hanno letto tutti… devo leggerlo anch’io (ad oggi non l’ho ancora nemmeno acquistato).
Stupidamente pensavo di trovarmi di fronte ad un alpinismo troppo distante da quello “moderno” , ma come dice Caparezza in un suo pezzo “i pregiudizio ti sballa più degli acidi che assumi”.
Cosi come Tazio Nuvolari non è molto distante da Senna, Mummery non è cosi distante da noi; i sistemi di sicurezza, le tecniche di progressione e i materiali sono molto diversi…ma l’emozione di vivere una montagna, di cercare una via, di arrivare in quel punto in cui non è più possibile salire e l’orizzonte si apre a 360°, il sentirsi cosi piccola cosa di fronte all’immensità della natura…queste cose non cambiano.
Mummery fa un po’ il percorso che molti di noi hanno fatto, si è avvicinato alla montagna con amici e poi con dei professionisti,  per poi capire che le era sufficientemente maturo per muoversi in autonomia.
Lui ha smesso di utilizzare le guide alpine nelle sue ascensioni quando però era ritenuto folle farlo (stiamo parlando della fine del ‘800), ha aperto una strada, ha lanciato un messaggio chiaro: la montagna non è una città da visitare attaccati ad una guida turistica, è una città da visitare con il massimo rispetto e umiltà per scoprirla nel suo animo, con una cartina fra le mani che forse non si comprende fino in fondo, con angoli che magari non ci si  aspetta ma con le gambe ben allenate e scarpe comode ai piedi.
Anche nel suo libro si percepisce l’aumento di volume nelle emozioni che vive salendo in autonomia, la via non è più quella addomestica da una guida, ma quella scelta in autonomia sommando istinto, esperienza e inserendo le variabili meteo & fortuna.
Il suo curriculum è ancora invidiabile, le sue prime ascensioni sono davvero impressionanti, descritte con un humor inglese colto, sottile, piacevole.
Mi ha molto colpito anche  l’attualità delle sue parole.
Mummery usa mezzi leali per affrontare la montagna…sa benissimo che con mezzi “non leali” quasi tutto è possibile e anche che molto probabilmente perde di significato; arrivare in vetta ad una montagna sollevandosi su delle staffe fissate a chiodi piantati con un compressore è alpinismo? Molto probabilmente Mummery avrebbe detto di no…e io la penso come lui. L’altro lato della medaglia è che l’uomo dovrebbe essere libero di esprimersi come meglio crede, cosi come spesso si può cogliere dagli scritti di Messner, anche questo in parte è vero…però partendo dal presupposto che lo montagna è un bene di tutti, trapanarla all’impazzata forse non è proprio “corretto corretto” diciamo.
Non voglio certo fare il moralista o il purista, sono il primo che se trova una sosta a spit in parete pensa “tanta roba” però so anche che se un giorno aprirò delle vie non saranno  di sicuro vie da fare in artificiale.
Il nome di Mummery era già apparso molte volte nelle mie letture perché è stato il primo a “sognare” il Nanga Parbat, una montagna di cui tanto ho letto e sognato attraverso Messner e Buhl.
Mummery è andato a piedi del Nanga Parbat nel 1895…ripeto 1895…una cosa già di per se sconvolgente.
Lo studia e cerca una via di salita, organizza i campi alti e tenta più volte ma il meteo non è con lui.
Decide di desistere … ma mentre fa avviare i compagni verso il ritorno si offre di recuperare da solo il campo più alto, ad oltre 6000 m, per poi raggiungere gli altri membri della spedizione mediante un passaggio in quota. Non si riunii più ai suoi amici.
Nel campo alto c’era il cibo, era molto allenato e perfettamente acclimatato, il tempo era buono, mi piace immaginare che da solo ha tentato di arrivare in vetta.
Forse è un finale troppo “romantico” ma siamo pur sempre nel 1895, il romanticismo è lecito e i sogni sono la benzina dell’alpinismo.

Premessa

Da piccolo la mia mamma era molto preoccupata perché leggevo poco, un bel giorno ha chiesto un consiglio al buon Manrico (sono abbastanza vecchio per aver avuto un maestro unico e nel mio caso sono stato molto fortunato) e le suggerì “provi con Topolino”... e in parte funzionò … iniziai a leggere spesso proprio grazie ad un fumetto. Quando gli anni non si potevano più contare su due mani,  un amico che si allenava con me (ho fatto judo per 7 anni) mi passò un Dyland Dog…e da li la lettura saltuaria fu solo un ricordo. Ogni mese ne “tritavo” parecchi…forse perchè da giovane adolescente mi vedevo molto in questo personaggio; anticonformista, poco “alla moda“ in tutti i sensi, introverso, malinconico, che vive fra paure passate, presenti e mostri di ogni natura. Con le superiori e l’università il tempo per leggere ciò che mi andava era sempre meno, ma un ritaglio di tempo per questa “fuga irreale” l’ho sempre trovato.
Il mio fare spesso molto cinico e razionale, in aperto contrasto con il mio lato bambino e sognatore , mi ha sempre fatto leggere solo libri che in qualche modo m’insegnassero qualcosa…qualcuno potrà dire…si ma leggevi anche Dylan Dog…in effetti  è cosi…ma la mia giustificazione  è che serviva per alimentare il mio lato più sognatore.
Quando la montagna è entrata nella mia vita, ha coinvolto anche le mie letture, e come per tutto il resto, ha preso il sopravvento.
Il mio primo libro “di montagna” è stato “Montagne di una vita” di Walter Bonatti.
Un pomeriggio di ottobre, mentre camminavo sotto i portici di piazza delle Erbe a Mantova, decisi di entrare in una libreria.
Era una sensazioni strana, mi trovavo in una città che non ho mai amato davvero, nonostante cinque anni di università, non giravo guardando il mondo con gli occhi di uno studente perennemente incazzato con il mondo e con quel vago senso di superiorità tipico di chi fa l’università, i miei occhi erano cambiati o ero io che ero cambiato? …un cenno di saluto di circostanza verso l’immancabile “quattrocchi” alla cassa e inizio a cercare…non sapevo nemmeno io cosa stavo cercando…sapevo per certo che volevo evitare libri di architettura, una ferità sempre aperta che all’epoca mal sopportavo.
In quella terra di nessuno che spesso si trova nelle librerie fra SPORT e VIAGGI è spesso possibile trovare qualche libro di alpinismo. Io fui subito attratto da una copertina blu…Walter Bonatti?chi cavolo è? Leggo un po’ e vedo K2 , Monte Bianco e Cervino…forse è interessante penso e lo compro.
All’epoca (2007) non sapevo nulla, non mi ero mai legato ad un corda, conoscevo si e no il nome di qualche cima, di qualche rifugio, non avevo la più pallida idea di come si mettessero i ramponi, l’unica cosa che capivo era che quando andavo in montagna stavo bene, trovavo in qualche modo una pace.
L’effetto che fece quel libro su di me fu devastante, non riesco a definirlo diversamente.
Mi aprii un mondo, mi fece capire cosa dovevo cercare in montagna, semplicemente me stesso.
C’è una bellissima frase che ho scritto sul mio casco proprio di Bonatti : “che cosa c’è oltre la montagna se non l’uomo”.
Oltre al primo libro, ho nel cuore un altro testo, E’ BUIO SULO GHIACCIO di Hermann Buhl; Probabilmente in quel giochetto un po’ da bambini che in cui ti viene chiesto di scegliere solo pochi oggetti che vorresti assolutamente portare con te sulla Luna io di due sono sicurissimo, Nevermind dei Nirvana e il libro di Buhl.
Oltre ad essere molto disordinato, ho il brutto vizio di fare e pensare a più cose contemporaneamente, anche nella lettura non mi smentisco; Raramente ho un solo libro sul mio comodino…mediamente ne ho almeno un paio  più qualche rivista (tutto ovviamente monotematico- > alpinismo) e infine, cercando bene, spesso è possibile trovare un libro del genere: ”massi cavoli sforzati di leggere anche qualcosa che non parli di montagna”, è inutile dire che quest’ultimo genere è il più “seppellito” di tutti.
Ho pensato di utilizzare il mio blog anche per scrivere qualche riga sui libri che leggo, in fondo… il passo fra le parole scritte, un sogno e la cima di una montagna è spesso più breve di quello che può sembrare.
Il primo libro di cui parlerò è LE MIE SCALATE  NELLE ALPI E NEL CAUCASO di Albert Frederick Mummery.
Un libro che è entrato di prepotenza nella mia personale book top ten.